Palazzo Vescovile
IL PALAZZO VESCOVILE
A fianco del palazzo municipale sorge il palazzo del vescovo, fatto costruire nella seconda metà del Quattrocento dal vescovo Ermolao Barbaro, su progetto e direzione dei lavori dell’ingegnere Michele da Caravaggio insieme col figlio Francesco. Di aspetto imponente e massiccio, si sviluppa attorno ad un chiostro rinascimentale rettangolare con, al piano terra, 22 colonne di marmo rosso di Verona e altrettante nella loggia superiore, con al centro un pozzo. Nel settembre 1581 il palazzo ospitò per una notte l’imperatrice Maria d’Austria in viaggio, col fratello Massimiliano, dalla Boemia alla Spagna. Dal 1801 al 1805, quando Verona alla parte destra dell’Adige era in mano francese, vi soggiornò il vescovo Giovanni Andrea Avogadro. Dal 1955 è proprietà comunale. Nella cappella si può ammirare la Natività di Maria, un affresco del 1534 di Francesco Torbido.
La samaritana al pozzo di Girolamo dai Libri (attribuita) (Parrocchiale di Monteforte)
Sulla parete destra del presbiterio sta la tela di maggior pregio, “Cristo e la Samaritana al pozzo di Giacobbe”, opera concordemente attribuita a Girolamo Dai Libri (1474 ca.-1555).
Databile tra il 1520 e il 1530, la tela raffigura il pozzo sbrecciato di Giacobbe, i sedili di pietra uniti da grappe di ferro e Gesù seduto che chiede acqua alla giovane Samaritana; in distanza gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni che lo stanno raggiungendo e cavalieri in costume che scorrazzano in libertà. Alle loro spalle si scorge un magnifico paesaggio primaverile, con una catena di monti e un golfo lacustre che lambisce una piccola città turrita; sulla destra si eleva un monte culminante in picchi e, sulle penici boscose, un castello dal quale scende una strada conducente al lago.
I personaggi principali, pur in primo piano, non dominano la scena che è ricchissima di dettagli e di particolari realistici. Una briosa cavalcata precede un gruppo di viandanti, nei primi dei quali si ravvisano gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. A sinistra ai piedi di una palma sostano tre uomini in vesti e turbanti orientali mentre un quarto, arrampicato sulla pianta, coglie i datteri.
La felice cromia, la bellezza e la cura del particolare rivelano la bravura della miniatura, che Girolamo possedeva e che era l’arte tradizionale della sua famiglia.
La tela, eseguita secondo i critici tra il 1520 e il 1530, mostra evidenti influssi di Francesco Morone, amico oltre che collega di Girolamo, col quale non di rado lavorò in stretta collaborazione.
Non è dato sapere come l’opera sia finita a Monteforte, ma è utile ricordare che a pochi passi dalla parrocchiale vi era il Palazzo Vescovile, sede estiva del vescovo di Verona. A causa della guerra, nel 1917 il dipinto fu trasferito a Firenze da dove ritornò senza la pregiata cornice. Nel 1919-1920 figurava nel Museo Civico di Verona, in occasione di una mostra di dipinti antichi da dove è rientrata nel 1925, dopo non poche controversie. In tale periodo gli studiosi e la critica d’arte conobbero e resero nota questa tela, rimasta fino ad allora pressoché ignorata.
Nel 1940 la Soprintendenza la portò in un luogo ritenuto sicuro a motivo della guerra e nel 1947 fu esposta a Verona alla mostra “Capolavori della Pittura Veronese” organizzata da Antonio Avena, direttore del Museo di Castelvecchio; nel 1981 è stata restaurata da Marta Galvan e nel 1986-87 venne esposta a Castelvecchio.
(testo di Bertolazzi Massimiliano)